Dal parcheggio di Montemagno siamo scesi giù lungo la Via Cerbaiola fino alla Madonna della Tosse, osservando le gore dei mulini lungo lo Zambra del Parenti. Siamo scesi lungo la sponda destra dello Zambra e quindi abbiamo risalito il versante opposto a quello di partenza con Fabio che ci dava la chiave di lettura del paesaggio. La larghezza di strade e sentieri era dettata dal loro uso: carrabili le strade per i mulini e mulattiere quelle che portavano semplicemente alle case. La disposizione dei canali, protetti da muretti a secco, l’ottimizzazione dei sentieri che all’occorrenza servivano da scolo delle acque: era secondario il bagnarsi i piedi ogni tanto, la priorità era il deflusso corretto e il non togliere terreno coltivabile dove ce n’era. Le canalette assieme ai muretti a secco hanno garantito fino ad oggi la stabilità dei versanti permettendo il drenaggio e l’allontanamento delle acque in modo controllato. Questo è avvenuto per secoli grazie al lavoro dei nostri predecessori ma alle condizioni attuali, culturali, sociali e di costo del lavoro, sembra purtroppo difficile che questi servizi ecosistemici siano ancora sostenibili. Abbiamo risalito il fianco destro della valle di Montemagno fino a raggiungere le Mura dei Frati, quello che era il limite dei possedimenti diretti della Certosa. Sul crinale del Monte Termine abbiamo ammirato le due valli che compongono la Val Graziosa. Abbiamo notato la presenza di Maoni e Tafoni (sassaie e strutture erosive delle rocce silicoclastiche), testimonianze di climi passati. Abbiamo calpestato quello che costituisce il Basamento paleozoico di tutti i Monti Pisani e proseguito il cammino sulla mulattiera per i Tre Pini, un sentiero bordato da muri a secco costruiti con tutte le tipologie di rocce qua e là affioranti: in ordine le Anageniti grossolane, proprio all’accesso al sentiero e gli scisti violetti che fanno parte del Verrucano. Successivamente abbiamo incontrato le Quarziti del Monte Serra: Scisti verdi, Quarziti verdi e Quarziti bianco rosa. Una faglia inversa riporta, ai Tre Pini, ad affiorare le Anageniti Grossolane che avevamo incontrato all’imbocco del sentiero e sopra stratigraficamente gli scisti violetti. Lungo il sentiero abbiamo raccolto asparagi selvatici per una gustosa frittata serale, annusato le essenze della macchia mediterranea con lavanda, mirto lentisco e fillirea, con eriche e ginestroni in fiore. La passeggiata è proseguita verso il Parco della Ricordanza dove abbiamo fatto una piccola sosta ammirando come il lavoro di Robert continui a destare meraviglia con i fiori, le piante e le gentili strutture di legno che adattava al terreno per consolidarlo. Rientrando abbiamo attraversato il paese di Montemagno chiudendo così l’anello.